#Metoo in the global south

È ancora dura la battaglia che le donne combattono nei paesi in via di sviluppo per avere la parità di genere. Nella seconda giornata del Festival del giornalismo di Perugia, raccontano queste realtà 4 donne che hanno vissuto queste difficoltà: Joyce Barnathan, Mijal Iastrebner, Mercy Juma , Priya Ramani . Rappresentano gli Stati Uniti, l’America latina, l’Africa e l’India.

Hanno provato cosa significa avere un capo che ha provato a fare loro delle avances.

Qual è il problema?

Tutto nasce, secondo la loro opinione, dai governi che non sembrano interessati a varare leggi ad hoc contro le violenze e lo stalking sulle donne. Sono considerate il sesso debole e come tale non hanno né dei diritti né un peso nella società. A maggior ragione in alcuni paesi in via di sviluppo.

Quando si dice che l’unione fa la forza. I movimenti #metoo sono sorti dappertutto, prima negli USA con gli scandali sessuali di attori e politici poi a seguire in Europa e nel resto del globo.

Quanto è importante dire come stanno le cose?

Questa è la chiave. Bisogna spronare i mass media ad usare le parole giuste, perché solo così queste storie possono avere risonanza, solo attraverso una narrazione attenta alle singole parole i media possono dare il loro contributo alla consapevolezza.

Ovviamente anche internet è un mezzo potente e questi movimenti #metoo si propongono, specialmente in Africa e in India, di dar voce anche alle donne che non ne possono avere. Donne uccise, o fatte sparire, perché scomode in quanto donne.

C’è molta strada da fare. Tutt’ora i più ricchi si comprano le assoluzioni, la fanno franca giocando con la corruzione. Ogni giorno si commettono femminicidi e aggressioni brutali e vengono calpestati i diritti anche dei minori.

La speranza c’è e i media dovrebbero fare i portavoce di tutte loro, sparse in tutto il mondo, che gridano in silenzio. Carta e penna sono armi potentissime.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *